E’ quello che è successo con l’arte, ed in particolare con questo mio modo particolare di fare arte. È successo che un giorno di primavera del 2008, leggendo una pagina di “Delitto e Castigo”, immaginai Dostoevskji con penna e calamaio scrivere quelle stesse righe. Immaginai il suo gesto, le sue pause di riflessione, i suoi dubbi ed infine la sua soddisfazione. E così d’istinto presi un foglio e la penna e cominciai a ricopiare a mano quella pagina, cercando un’immedesimazione impossibile. Copiai la prima pagina, copiai la seconda e poi la terza, la quarta, la quinta…fino a decidere di riscrivere l’intero primo volume all’interno di un unico spazio. Già, perché più ricopiavo a mano quelle pagine meravigliose, più mi accorgevo che ciò che mi interessava davvero era l’aspetto estetico di ciò che stavo facendo, ovvero il portare alle estreme conseguenze l’uso della scrittura a mano quale sostanza e colore del fare artistico, attraverso la ridistribuzione spaziale del romanzo all’interno di un unico supporto, in modo da trasformare quel testo scritto da qualcosa che si poteva leggere, sfogliando il libro pagina dopo pagina in due, tre o quattro settimane, in qualcosa che si poteva vedere tutt’insieme, qui e ora. Di quel primo tentativo di riscrittura a mano di un testo letterario all’interno di un unico spazio, rimangono soltanto un paio di foto (pubblicate nella sezione “Opere” di questo sito), essendo il foglio andato perduto durante un trasloco.
E’ stata quindi questa l’intuizione da cui è nato tutto. Una proposta artistica il cui senso si è ampliato e definito negli anni, attraverso le naturali e necessarie evoluzioni che sempre coinvolgono il percorso di un artista.
Un’importante evoluzione, anzi, mi spingo a dire un vero e proprio salto in avanti nella mia ricerca artistica, è avvenuta tempo fa ragionando sul rapporto sinestetico tra le lettere dell’alfabeto, ovvero tra il testo scritto in una determinata lingua, ed i colori. “Painting with the colors of words” è da sempre la frase che identifica i miei lavori. Questo motto ha assunto negli ultimi tempi per me un significato ancora più preciso e “sensato”, grazie ad alcune nuove opere dove la scrittura a mano del testo letterario ha lasciato il posto al “tratteggio colorato” del testo stesso. In altre parole, ho creato un alfabeto a colori, assegnando ad ogni lettera un determinato colore in base ad una mia personale percezione sinestetica. Così, ad esempio, la lettera “A” è stata sostituita dal colore rosa, la lettera “G” dal colore arancio, la lettera “R” dal rosso, la lettera “C” dal blu, e così via. 26 lettere dell’alfabeto latino/anglosassone trasformate in 26 tonalità di colore diverse.
Lo scopo fondamentale alla base di questi lavori è quello di dare vita ad immagini che rappresentino in un certo senso la raffigurazione autentica del colore della lingua di un testo letterario; ciò chiaramente in base all’accoppiamento lettera-colore operato in via preliminare.
Il risultato è un’immagine astratta, realizzata in una sorta di codice a colori, che presenta una tonalità complessiva diversa a seconda della lingua utilizzata. La frequenza con cui ricorrono certe lettere a seconda della lingua utilizzata è infatti molto diversa. Nell’italiano, ad esempio, ricorrono frequentemente le lettere “O” (corrispondente al viola) ed “A” (il rosa), mentre il francese è pieno di lettere “E” (il verde acqua). Da questo punto di vista, i testi in inglese ed in tedesco, utilizzando un alfabeto più ampio che include le lettere K, J, Y, X e W, appaiono più con una gamma di colori più ampia e varia.